Intervista al Presidente Cavelli su La Provincia di Varese

Il gran rifiuto dei piccoli del tessile

Busto guida la rivolta al contratto

I piccoli del tessile dichiarano guerra all’accordo Confindustria-sindacati.
La trincea del “jobs act” è Matteo Cavelli, imprenditore bustocco titolare della Mario Cavelli Spa, azienda che ha sede nella zona industriale di Sacconago: è lui il protagonista del clamoroso “gran rifiuto” rispetto al nuovo contratto nazionale del settore tessile, firmato da Confindustria (tramite l’associazione Sistema Moda Italia) e dai sindacati confederali.
Nel suo ruolo di presidente di Tessilivari, federazione sempre legata a Confindustria, che raggruppa 1500 aziende di accessori per l’abbigliamento, Cavelli dice no agli aumenti contrattuali stabiliti dai “cugini” più grandi di Smi: 118 euro medi nei tre anni e la concessione di un bonus di 250 euro annui per i lavoratori delle aziende senza contratto integrativo.
«Nella mia azienda, 60 dipendenti – spiega Matteo Cavelli – l’aumento peserebbe a regime circa tremila euro all’anno a dipendente, in tutto 180mila euro all’anno. Su 60, dovrei lasciarne a casa sei». Tra le richieste portate dall’associazione Tessilivari, dal lato economico, la moratoria degli aumenti contrattuali 2014 per le aziende in difficoltà (dove sono in corso procedure di cassa integrazione e contratti di solidarietà), meccanismi di incentivazione dei lavoratori più presenti e di disincentivo all’assenteismo, l’eliminazione dei 34 cent al mese di indennità di mensa; dal lato normativo, più flessibilità, orari più snelli, meno ferie e più contratti a termine. «I contratti nazionali firmati dalle altre associazioni – fa notare Cavelli – sono già il trapassato remoto, rispetto a quello che il nuovo Governo sta mettendo in pista con le riforme sul lavoro».
Così l’industriale bustocco ha scritto una lettera aperta non solo ai suoi associati, ma anche ai lavoratori, spiegando le ragioni del suo “gran rifiuto”.
«Negli ultimi dieci anni nel settore tessile abbiamo perso più del 30% della manodopera passando da 800mila a 500mila addetti, e ogni giorno dobbiamo combattere per sopravvivere su mercati che ci chiedono di mantenere altissimi livelli di qualità contenendo però i costi e continuando ad aumentare l’efficienza e la produttività».